lunedì 14 settembre 2015

Ma perchè ci applicavamo così poco?

Inizia la scuola.
Si fanno strada nella mente ricordi di odori del legno usurato dei banchi, dell’inchiostro sulle dita, delle merendine sotto banco: profumo di cacao o di paneemortadella, a seconda dei casi.
La corsa a prendere l’ultimo banco. Da lì il professore non ci vedrà, si pensava.
Ore, ore, ore di lezioni, parole, registri, poi a un certo punto la professoressa interrogava, silenzio in classe, gli occhiali nascondevano pupille severe che scorrevano l’elenco, il cuore di tutti batteva all’unisono creando un rumore che sembrava di stare in discoteca tu-tum, tu-tum, tu-tum, e ci si nascondeva dietro quello che stava avanti, come se anche il cognome sul registro si potesse nascondere da quella lista. Ma non era possibile.
I professori? Ci sembravano una strana razza. Per fortuna non tutti. Infatti all’epoca quelli che si distinguevano ce li ricordiamo ancora oggi con piacere. Erano quelli che ci guardavano negli occhi un secondo di più, prima di esprimersi su come eravamo andati. Verificavano se eravamo pronti ad assorbire il colpo.
C’erano altri insegnanti che "il programma deve andare avanti", a qualunque costo, chi non capiva rimaneva indietro. Affari suoi. Insegnanti che raramente si chiedevano cosa c’era nella testa di quel ragazzo che cresceva ogni giorno di più, che aveva difficoltà perfino a pronunciare il suo nome a voce alta per la timidezza, che ogni tanto non veniva a scuola e quando ritornava dopo qualche giorno, era più alto di 10 centimetri e sulla giustifica portava scritto: “indisposizione”, ma era solo febbre.
Eppure ancora assistiamo a studenti massacrati quotidianamente da nozioni che non arrivano mai a destinazione a causa di spiegazioni che durano ore, contro una capacità di attenzione e concentrazione da parte della classe che raramente supera i quindici-venti minuti.


Ancora oggi ci sono professori che non guardano negli occhi i poveri alunni, perché se lo facessero scoprirebbero che stanno aperti a fatica, come gigantesche saracinesche pesantissime pronte a chiudersi ogni volta che l’insegnante dà le spalle alla classe per scrivere qualcosa alla lavagna.
Qualcuno ha pensato che una mattinata di 5 ore è una maratona lunghissima, estenuante e a volte anche angosciante per tantissimi alunni che non hanno ancora acquisito una decente capacità di attenzione?
Per fortuna esistono anche professori esperti, sensibili, coscienziosi e responsabili in grado di comprendere le peculiarità di uno studente molto oltre ciò che il ragazzo sia capace di esprimere alla lavagna, ma temo che siano ancora la minor parte.
La verità è che quei ragazzi che non si parlavano con i genitori, quelli che facevano tardi la sera persi in chissà quale periferia, quelli che crescevano di dieci centimetri alla volta e quelli timidi dallo sguardo stralunato ci sono anche oggi. E non serve a molto dire che il corpo docente è sottopagato e ultimamente costretto a fare le valigie ed andare ad esercitare la professione a centinaia di chilometri da casa.
Non vorrei che quello fosse l’ultimo alibi per dare ancora di meno, per non continuare un auto-processo formativo che non dovrebbe fermarsi mai, per sputare veleno contro una legge sbagliata ed una società che ha già mille problemi di suo, perché di questa società fanno parte delle creature che con tutto quello che succede, con tutto quello che abbiamo creato noi grandi, con il disastro socio economico che c’è intorno, non c’entrano proprio niente. E non si meriterebbero di non essere trattati, accuditi, allevati, esattamente per quello che sono: i cittadini del domani.
E se cresceranno in mezzo alle nostre frustrazioni e alla nostra incapacità di capire cosa ci può essere dietro pantaloni troppo corti e delle scarpe sproporzionate, allora vuol dire che noi, tutti noi, stiamo per commettere un ennesimo, imperdonabile errore.
E’ intelligente, ma si applica poco”: è una frase che non vorremmo sentire più. Sì, molti di noi erano degli scapocchioni, d'accordo, ma credo che se non davamo il massimo era anche perchè spesso non ci sapevate coinvolgere abbastanza. Pensateci un secondo di più: come mai gli studenti si applicano poco. Dipende soltanto da loro?
All'inizio di questo nuovo anno scolastico, e di un nuovo corso per tutta la scuola italiana, non vi si richiede di risolvere la psicopatologia della vita quotidiana degli studenti, ma di farvi qualcuna di queste domande e di dare una risposta secondo la vostra coscienza di insegnanti ed educatori. 
Una di queste è che forse bisognerebbe insegnare ad imparare di più di quanto non si insegni e basta.
Questa potrebbe essere una delle risposte. Le altre dovrete trovarle voi.

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