C’era un ragazzo che aveva il nome napoletano e il cognome
di un fiore.
È nato qui, è vissuto qui, ha fatto la sua sfortunata vita
in un luogo a metà tra la provincia e il sogno. Un luogo che, come tanti di
questo paese, spesso è distratto dalle grandi problematiche e si dimentica delle
condizioni dei suoi figli, salvo ricordarsene quando è troppo tardi: o sono
emigrati altrove oppure se ne sono andati troppo presto.
Questo ragazzo mi fa venire alla mente il protagonista di un
film che non ho dimenticato mai, “Un uomo da marciapiede”. Però non l’attore
bello, interpretato dall’esordiente John Voight che per vivere faceva il
gigolò, ma quell’altro un po’ più sfortunato, leggermente zoppo, abbastanza
balbuziente e tremendamente solo, che nel film si chiamava Salvatore Rizzo
ma il cui soprannome era “Sozzo”.
E un po’ per il nome, un po’ per il personaggio, aveva tutte
caratteristiche che ce lo hanno fatto amare appena lo abbiamo visto. Era
interpretato da un meraviglioso Dustin Hoffman. Ci sono molte cose di “Sozzo”
che mi fanno pensare a questo nostro amico. Anche lui aveva un particolare modo
di camminare, non era zoppo, ma aveva quell’andatura che la riconoscevi prima
ancora di vederne il viso. Di essere balbuziente, lo era un po’ anche lui. Solo
che al nostro amico dal cognome di un fiore accadeva una cosa che solo la
musica può regalare: quando cantava, come d’incanto spariva la balbuzie ed era
in grado di tirare giù un tipo di musica che era una via di mezzo tra la
canzone popolare potentina ed il blues. Io non lo so se questo genere lo abbia
inventato lui, ma era capace di cantare canzoni di Michele di Potenza arrangiate
a volte in stile rap e a volte con lo stile del delta del Mississippi. Io non
ho mai visto una cosa del genere.