domenica 12 giugno 2016

Un viale per cantare - dedicata a Gennaro


C’era un ragazzo che aveva il nome napoletano e il cognome di un fiore.
È nato qui, è vissuto qui, ha fatto la sua sfortunata vita in un luogo a metà tra la provincia e il sogno. Un luogo che, come tanti di questo paese, spesso è distratto dalle grandi problematiche e si dimentica delle condizioni dei suoi figli, salvo ricordarsene quando è troppo tardi: o sono emigrati altrove oppure se ne sono andati troppo presto.
Questo ragazzo mi fa venire alla mente il protagonista di un film che non ho dimenticato mai, “Un uomo da marciapiede”. Però non l’attore bello, interpretato dall’esordiente John Voight che per vivere faceva il gigolò, ma quell’altro un po’ più sfortunato, leggermente zoppo, abbastanza balbuziente e tremendamente solo, che nel film si chiamava Salvatore Rizzo ma  il cui soprannome era “Sozzo”.
E un po’ per il nome, un po’ per il personaggio, aveva tutte caratteristiche che ce lo hanno fatto amare appena lo abbiamo visto. Era interpretato da un meraviglioso Dustin Hoffman. Ci sono molte cose di “Sozzo” che mi fanno pensare a questo nostro amico. Anche lui aveva un particolare modo di camminare, non era zoppo, ma aveva quell’andatura che la riconoscevi prima ancora di vederne il viso. Di essere balbuziente, lo era un po’ anche lui. Solo che al nostro amico dal cognome di un fiore accadeva una cosa che solo la musica può regalare: quando cantava, come d’incanto spariva la balbuzie ed era in grado di tirare giù un tipo di musica che era una via di mezzo tra la canzone popolare potentina ed il blues. Io non lo so se questo genere lo abbia inventato lui, ma era capace di cantare canzoni di Michele di Potenza arrangiate a volte in stile rap e a volte con lo stile del delta del Mississippi. Io non ho mai visto una cosa del genere.