Caro Presidente, era bella e suggestiva quella sua frase, citata da ogni generazione di politici e politicanti dagli anni 60 ad oggi, che recitava: "Non chiederti cosa l'America può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per l'America". Un aforisma che è stato adottato come simbolo per molte democrazie occidentali. Nulla da dire sul principio, che inneggia ancora oggi alla capacità del cittadino di rendersi protagonista di una vita più attiva e collaborativa senza pretendere l'assistenzialismo a cui specie in certe latitudini del mondo siamo tristemente abituati.
Bene Sig. Presidente, lei non lo sa, ma le vorrei dire che il mondo è cambiato. Quei paesi che avrebbero dovuto esportare la democrazia sono vittime di sistemi di governo capestro nei quali i cittadini sono stati infilati a testa in giù come bottiglie vuote per scolarne il sangue fino all'ultima goccia, costringendoli a dare molto di più di quello che viene loro restituito in termini di servizi e di assistenza che una democrazia normale dovrebbe garantire.
Poi c'è quel paese, l'Italia - se lo ricorda? - nel quale il suo aforisma continua ad essere sulla bocca di molti governanti, ma il punto è che loro, per primi, si considerano al di sopra di qualunque sforzo che quotidianamente chiedono ai loro cittadini, determinando una frattura sociale che oggi è diventata abissale.
Caro Presidente, lei al mondo manca. Non solo per la sua dialettica o per le sue abilità diplomatiche, ma per il suo esempio. Lei che si è battuto per un benessere più largamente distribuito, lei che combattè la discriminazione razziale, lei che ispirò una istruzione allargata anche ai poveri, oggi sarebbe deluso da questo mondo.