Quando arrivai in casa di Casimiro ci trovai ufficiale giudiziario,
poliziotti e impiegati notificatori. Dovetti dire che ero il cugino, altrimenti
non sarei stato ammesso nell’appartamento. Quando si fa uno sfratto, meglio non
avere intorno troppa confusione. Gli ufficiali giudiziari lo sanno, la polizia
lo sa. Ma forse loro non sapevano che Casimiro è ammalato gravemente di fibrosi
cistica. La fibrosi cistica altera le secrezioni di molti organi che
contribuiscono al loro danneggiamento. A subire la maggiore compromissione sono
i bronchi e i polmoni: al loro interno il muco tende a
ristagnare e l' infezione e l' infiammazione tendono a portare
all’insufficienza respiratoria. E così Casimiro, colto di sorpresa alle 8,30 di
mattina da questa visita non particolarmente gradita, aveva sentito il bisogno
di rimanere a letto, con un respiratore e una mascherina. Mi aveva chiamato dicendomi
queste parole che mi fecero schizzare al Serpentone in pochissimi minuti: “Sono
venuti, sono qui. Fai qualcosa per favore”. Lo sapevamo che sarebbe
accaduto. Ne avevamo parlato a lungo le settimane precedenti. E così l’unica
cosa che sentii di fare fu quella di chiamare tutti i mezzi di informazione di
cui avevo i recapiti. E in pochi minuti la palazzina del Serpentone dove
abitava Casimiro era piena di giornalisti, con tanto di taccuini e telecamere. Casimiro
era un fuorilegge, come tante famiglie che abitano nel quartiere più degradato
della città. Si era introdotto abusivamente in questo appartamento che
trasudava umidità e aria cattiva da ogni poro delle sue pareti marce. Una casa
che non avrebbe preso in considerazione nessuno, nemmeno quelli che ne avevano
diritto in base ad una graduatoria, ovvero coloro a cui una casa spettava davvero. O
forse no, ma questa è un’altra storia.
Mi sembrava crudele che, nonostante il peccato originale di
cui si era macchiato, lo si dovesse cacciare senza alcun riguardo nei
confronti delle sue precarie condizioni di salute. Casimiro aveva speso una
parte dei suoi soldi a rendere quella casa abitabile. Direi meglio:
respirabile, vista la sua malattia. E quella casa, che forse non sarà mai la
sua casa, gli doveva quantomeno consentire, almeno fintanto che fosse stato tra
quelle mura, di viverla senza acuire le sue già drammatiche condizioni. Le
telecamere che arrivarono qualche minuto dopo furono cacciate anch’esse senza
alcun riguardo. L’ ufficiale giudiziario disse che dovevano andar via tutti,
che stavano intralciando il suo lavoro. Un reporter disse che anche lui stava
facendo il suo lavoro e che la libertà di stampa è sacra, anche in un caso
drammatico come quello.