sabato 13 dicembre 2014

Come le maree



E' che ogni tanto ti imbatti in certe sculture meravigliose e perfette, disegnate dentro il profilo di due labbra.
In fondo cosa sono le labbra? Sono due risvolti in avanti. Una cosa che in anatomia sarebbe anche un'imperfezione, se posso dire così.
Nel guardare la scultura pensi che il mattino potrebbe stare su quello superiore e la sera su quello inferiore, e possono unirsi e dividersi come le maree.
E come le maree generare correnti benefiche come il passaggio di un fiume oppure rovine ancestrali come vulcani attivi.
Non parlano, non sorridono, non emettono alcun suono, ma a volte si avvicinano e poi si riallontanano: ecco come hanno inventato la magia.

mercoledì 10 dicembre 2014

Una storia di emarginazione


Vorrei tanto che questa storia fosse una storia inventata.  Vorrei che fosse stata concepita soltanto dalla nostra fantasia, e anche in questo caso avrebbe la funzione di insegnarci qualcosa.  Figuriamoci se fosse vera.
È una storia che trae origine dal luogo in cui è ambientata: il quartiere di Bucaletto alla periferia di Potenza. 
Una baraccopoli fatta di mille contraddizioni, in cui la povertà a volte si affianca all'illegalità.
Bucaletto fu creato per dare una dimora momentanea a chi, reduce dal terremoto, aveva perso la sua casa, ma oggi è diventato il posto dove tanti hanno  finito col crescere i propri bambini. Quei bambini di ieri sono diventati gli adulti di oggi, qualcuno di loro ancora si aggira senza lavoro e senza famiglia tra i vicoli del quartiere alla ricerca di un lavoro, ma prima ancora, di un contatto umano.
E  quei prefabbricati che sono ancora lì, tra il cielo nero e l'autostrada, ospitano ancora tanta gente che non sa cosa sia una casa "normale".
Certo c’è anche chi ha un lavoro e una famiglia, ma c’è ancora qualcuno che vive da solo e capita che, a volte,  possa anche uscire fuori di testa:  un po’ a causa della vita che è costretto a fare, un po’ per colpa della solitudine.
Così quest’uomo , giunto a Bucaletto molti anni fa, che per comodità chiamerò Totore, si aggirava per il quartiere, aspettando che il sole si addormentasse per fare anche lui lo stesso, nel suo prefabbricato decadente, dove non era mai entrato nessuno.
A Bucaletto non ci fai caso se uno lo vedi tutti i giorni oppure non lo vedi per un pò: ciascuno è occupato a perdere il tempo per i fatti suoi e non tutti si occupano di quello che succede in giro.
Non aveva amici che lo venissero a cercare, che so un parente, qualcosa.  Niente.
Dopo parecchi mesi, quelli del Comune fecero un controllo e mandarono un ufficiale a vedere se al prefabbricato di Totore rispondesse qualcuno. Probabilmente c'era da riscuotere qualcosa, forse qualche bolletta.
Una sera d’inverno dei ragazzini mezzi ubriachi, che avevano sentito che il prefabbricato era vuoto, pensarono bene che ci potevano stare un pò di tempo lì dentro a bersi qualche altra birra invece di stare fuori a gelare, e così tentarono di forzare la porta, tanto lì non c’era più nessuno. La porta però non si riusciva proprio ad aprire. La polvere dei lunghi mesi estivi aveva formato uno strato così solido che ne impediva l'apertura. Ma i ragazzi non si arresero e forzarono anche quello strato di polvere diventato come cemento.
Totore era lì, morto di solitudine e d’ incuria, e l'ultimo abbraccio lo aveva riservato a quei giornali che non si erano mai occupati di lui.
la notizia del ritrovamento di Totore fece immediatamente il giro del quartiere, finchè qualcuno chiamò Striscia la Notizia raccontando un fatto clamoroso: un povero emarginato era morto alla periferia di Potenza all'insaputa di tutta la collettività. Allora quelli della televisione  si presentarono qualche giorno dopo e fecero le riprese, e intervistarono pure qualcuno del quartiere, ma quella trasmissione non fu mai mandata in onda.

domenica 23 novembre 2014

La pioggia di cemento




Un aneddoto, chiedono quelli che non c'erano ancora e sono tanti, sono le nuove leve. 
E cosa gli dici che non è ancora stato detto dopo 34 anni?
Frughi nella memoria - quel poco che é rimasta- e trovi la storia di G., uno cresciuto a 68 e a Giorgio Gaber, anzi uno che un giorno mi disse: Ma tu lo conosci il "Dialogo tra un impegnato e un non so"? Io non sapevo nemmeno quello che stava dicendo. E quella sera delle lancette che si fermarono sull'orologio grande nella piazza, si trovava proprio li sotto mentre pioveva. 

Solo che non era la solita pioggia, era pioggia di mattoni e cemento e veniva giù dallo stesso cielo e non c'erano ombrelli per ripararsi da quella pioggia li. 
E la sua testa, piena di Gaber, Guccini, De André, non era troppo dura per fermare quella pioggia e ne fu colpita una, due, dieci, cento volte e finí li sotto come il fiume che tutto copre.
Ho visto anche uno zingaro felice, sotto quelle macerie di polvere e di morte e di orologi fermati come i nostri cuori. Il giorno dopo ci dissero che non ce l'aveva fatta, che la pioggia di cemento aveva portato via un altro ragazzo colpevole solo di aver preso il vicolo sbagliato. 

Il suo nome finì dentro un manifesto con la cornice nera intorno.
Stop con La locomotiva, stop con La canzone di Marinella.
Poi scoprimmo che era stato portato in elicottero in un ospedale fuori regione, quella testa si dimostrò più dura dell'Apocalisse che scendeva dal cielo plumbeo, lo operarono e lo ripescarono dall'inferno di quel vicolo dove cadde.
E oggi lo vedi ancora aggirarsi dalle parti di via Pretoria, che corre ancora come quella locomotiva che mi fece sentire negli anni della scuola.
Il suo cuore di zingaro felice si era rotolato per terra, ma il sapore della polvere lo ha sputato e sorride alla sua vita restituita.
E ancora oggi, quando passo dalla sua bottega fatta di carta, penso ancora a quella testa piena di musica e a tutte quelle note stampate li dentro, che forse gli hanno salvato la vita.

giovedì 13 novembre 2014

La ballata del cameriere emigrante


E' una terra che si ama
solo quando ci si allontana
una terra che si odia
quando stai morendo di inedia

Non sei un genio ma nemmeno un assassino
stai fermo a rimirare il tuo cammino
e se vivi ancora con la tua famiglia
non è perchè di lavorare non ne hai voglia.

Hai provato dei concorsi
e dei colloqui di lavoro
ma hai ancora dei rimorsi
a lasciare questa terra senza futuro.

C'è tua madre ormai vecchietta
tuo padre se n'è andato senza disturbare
non puoi mettere in soffitta e dimenticare
chi ancora oggi ti dà da mangiare.

Hai ancora voglia di lottare, 
è un fatto generazionale,
ma è un sistema che dà chances
solamente ai loro fans,

Sei rimasto qui da solo
senza più orgoglio e senza decoro
non vedi altra soluzione
che partire verso un'altra direzione.

Non sei un loro estimatore
e mai lo diventerai
non hai una laurea da dottore:
il tuo futuro altrove lo cercherai.

Quella vecchietta capirà
anche se il suo cuore si spezzerà
a saperti distante e forse cameriere
dentro un ristorante senza ore.

Una terra che si ama
solo quando ci si allontana
una terra che si odia
quando stai morendo di inedia.

domenica 15 giugno 2014

L'uomo dell'ultimo passaggio


Antropologicamente, devo confessarlo, il lucano mi ha sempre interessato e incuriosito, specie quando è nato e residente nel capoluogo di regione.
Se dovessi trovare una definizione per spiegare l’homo potentinus, non esiterei a definirlo: in bilico. Che non è una brutta cosa, anzi.
Essì, poiché il potentino classico ha reinventato un suo personalissimo modo di essere, sempre a metà strada tra l’aria disinvolta del dandy e la professionalità dello yuppie, tra l'impegno professionale ed il fancazzismo quotidiano, continua ad essere, anche per gli studiosi più esigenti, una strana specie di individuo, solitamente non di facile classificazione.
Normalmente piuttosto ben vestito, ha uno sguardo imperscrutabile, da una parte rivolto verso il futuro e dall’altro verso la tradizione, che, sebbene da poco riscoperta, rappresenta per lui un’àncora dalla quale non può prescindere.
Le sue automobili sono sempre impeccabili. Costi quel che costi, il potentino deve (deve) avere la macchina che fa brutto.
Se papà i soldini non ce li ha, non importa, ci sono sempre le amicizie altolocate che gli vengono incontro per risolvere il problema.
Duemila di cilindrata, 150 cavalli, trazione posteriore, turbina a geometria variabile, assetto, ecc., non c’è potentino che si rispetti che non ne capisca di motori.
Le officine quando vedono i potentini che portano le loro macchine a fare i tagliandi si grattano le palle.
Non è sempre simpatico, l’homo potentinus.

venerdì 28 marzo 2014

Potenza e Matera come Giannini e la Melato


Se sono preoccupato per la nostra terra? Si, molto.
Partiamo dagli indicatori economici, tutti spietati nei confronti di una città che arretra paurosamente.
L'indice sulla qualità della vita emesso annualmente dal Sole 24 Ore retrocede la città di Potenza al
79° posto. A poche incollature più avanti, Matera, della quale forse sarebbe stato lecito attendersi qualche posizione più generosa. Ma anche uno stupido capirebbe che dopo tutto il rumore di
questi ultimi mesi attorno alla candidatura per "Capitale Europea della Cultura 2019" le posizioni della cugina materana sono destinate ad aumentare vorticosamente con le classifiche degli
anni a venire.
E intanto cosa succede a Potenza? Arretra in quasi tutte le statistiche.
Però la città ha, opportunamente, deciso di appoggiare questa candidatura.
Aveva scelta? Ovvero, sarebbe stato, ragionevolmente possibile decidere di non appoggiare la candidatura di Matera?
Dal 79 posto sarebbe scesa immediatamente al 200mo, ma non per qualità di vita, per stupidità.
E almeno questa se l'è risparmiata. E poi la cosa, obiettivamente, ha anche i suoi vantaggi.
Matera ha conquistato sul campo la leadership della cultura, del turismo, dell'ospitalità.
Potenza, che è sempre stata la città capoluogo, ha invece accentrato su di sè i servizi, le amministrazioni, il centro direzionale politico.
Quando penso a queste due città rivedo la locandina del film della Wertmuller: "Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare di agosto". Dove c'è lei, la Melato, bella, di elevato rango sociale, sprezzante e altezzosa, che rappresenta la parte esteriormente "bella e impossibile" della nostra regione, cioè Matera. E poi c'è la parte un pò meno bella, rappresentata da Giancarlo Giannini nella parte di un marinaio, rude e un pò cialtrone, animato continuamente da una insopprimibile desiderio di rivalsa nei confronti della aristocratica contessa, che - per quanto riguarda la parte meramente rappresentativa - simboleggia Potenza.