sabato 23 gennaio 2016

I Daya: un lungo amore per il rock


Sembra un pò la storia del film Blues Brothers: due fratelli che, in nome di Dio, tentano di rimettere insieme i pezzi di una band scalcinata dopo decenni. Non so in nome di chi i Daya abbiano rimesso in piedi la loro band, ma l'operazione sembra perfettamente riuscita come quella di Jake e Elwood.
Massimo lo aveva annunciato presentando il live della serata: Vi spareremo due ore di energia pura. Nemmeno il tempo di applaudire e parte un’ondata rock di quelle che non ti aspetti.
La band produce note, sudore e lacrime ininterrottamente, staccando pochi secondi tra un pezzo e l’altro, giusto il tempo per il frontman di introdurre il brano successivo, e poi giù con Rolling Stones, Hendrix, Led Zeppelin, ZZ Top, AC/DC e chi più ne ha più ne metta. Inevitabile e doveroso anche un omaggio al duca bianco con Rebel Rebel, nella quale i ricordi del passato si mischiano con  quelli di un presente più vivo che mai in una fredda serata potentina riscaldata dal sound energico di questi quattro scatenati rockers.
Certo l’immagine del cantante si sposa poco con le irsute barbe rock dei texani o con il lunghi riccioli biondi di Robert Plant, forse rimanda più alla compostezza del look di un David Sylvian, ma la musica che esce dal gruppo ha per fortuna assai poco di composto.
I Daya sono un concentrato di energia che si è fidanzato con il rock ma di nascosto strizza l’occhio al blues, per cui  ogni tanto si lasciano andare alle classiche dodici battute, addirittura con tanto di ospitata. Cooptatacome pubblico per l’occasione quasi tutta la redazione della Gazzetta del Mezzogiorno cittadina, cosa tutt’altro che scontata, a dimostrazione di quanto affiatamento ci sia non solo dietro le scrivanie di piazza Mario Pagano tra i redattori del più importante giornale lucano.
Tra il festante pubblico, presenze importanti (ed anche ingombranti) della cultura e dello spettacolo potentino, che partecipa sempre con grande passione agli eventi locali.
Bella la scena in cui Tony Vece, professione fotoreporter, nel clamore assordante della musica pesante che si diffonde nell’aria, sposta la pancia delicata di Peppe Centola dal raggio d’azione delle casse, sotto gli occhi di Pete Townshend, venuto a Potenza nascosto nel maglione di Gianluigi Laguardia.
Due ore filate di note sparate dalle chitarre e dalla batteria dei Daya direttamente nelle orecchie dei numerosi partecipanti alla reunion del Cincillà che nemmeno un mezzo guasto all’amplificatore è riuscito a fermare, tra portate di cibi e fiumi di prosecco e birra.
Una bella serata di festa, allegria, musica e incontri trasversali tra generazioni: osservavo con Zio Matteo con un certo sollievo che non eravamo i più anziani della festa.
Però, caro Massimo, la prossima volta, “My generation” degli Who ce la dovete proprio fare, non fosse altro che per omaggio non solo alla memoria di una band che merita l’olimpo del rock di tutti i tempi, ma anche per significare una bella continuità musicale e di amicizia tra i componenti di una band di periferia che non si arrende alle minacce del tempo.
Adesso che ci avete solleticato con una serie di hit famose del rock internazionale, siamo pronti ad ascoltare anche un po’ del vostro repertorio, sì proprio quello nato a Rione Verderuolo. 
Magari senza aspettare altri trent’anni.
Alla prossima.

martedì 19 gennaio 2016

La mia religione è il rock


Ma che sta succedendo al rock? Quanti dispiaceri ci deve ancora regalare questa vita ingrata per privarci di coloro che hanno accompagnato molti dei nostri viaggi e delle nostre serate, rendendocele migliori?
In una notte stellata, tipo quella dipinta da Van Gogh, ci saluta un altro immenso protagonista del rock mondiale, Glenn Frey, anima e fondatore degli Eagles assieme a Don Henley.
Personaggio carismatico e a tratti dispotico, famoso per aver composto musiche che hanno accompagnato generazioni, assieme a quell'altro genio di Henley, una voce che pare scendere direttamente da un'altra dimensione. I due sono stati i veri padri-padroni della band, fino al punto da alimentare dissidi interni tali da rischiare di far cessare più volte la vita degli Eagles.  Ad esempio uno dei litigi più famosi della storia del rock, Glenn lo ebbe con Don Felder, uno dei due chitarristi che aveva fatto l'assolo di finale di Hotel California (l'altro era Joe Walsh), insomma non proprio uno qualsiasi.
Felder reclamava spesso di voler essere anche lui a cantare qualche canzone, ma Glenn gli negava categoricamente questa possibilità, dato che non c'era voce migliore di quella di Don per tutta una serie di hit della band. I malumori sfociarono durante un live a Long Beach nel 1980 (un concerto che poi fu chiamato: Long night in wrong beach), Glenn, verso la fine del concerto, a microfoni aperti disse a Felder che, una volta terminato il live, gli avrebbe spaccato il muso. Infatti, nei sotterranei dell'arena si assistette a scene di inseguimento e scazzottate a stento arginate dalla sorveglianza. La cosa bella è che queste scene erano fatte direttamente dai protagonisti e non dai fan!
Insomma una band che, a causa della forte personalità dei suoi protagonisti, attraversò parecchie inquietudini interne. Al punto che, dopo quella tourneè del 1980, ebbero una delle tante crisi di convivenza musicale gli stessi genitori della band, Glenn Frey e Don Henley, che non sopportavano più nemmeno di vivere nella stessa città e si trasferirono in due punti opposti degli States. Dovendo registrare il live di quella torneè (Eagles Live, appunto) il produttore fu costretto a raccogliere le registrazioni dei due artisti a distanza e spiegò in una intervista che: "la perfetta registrazione delle armonie vocali è stata gentilmente concessa dalla Federal Express".
Ma dopo qualche anno le aquile ripresero a volare e a confezionare ancora successi, sfociati nell'ottimo The Long Run, dove ripresero a suonare rock ballads e intonare cori alla loro maniera, come se avessero appena iniziato.
Nel 1998 ebbero il più alto riconoscimento della loro carriera, essendo inclusi nella Rock and Roll Hall of Fame. Durante la cerimonia, per la prima volta, suonarono insieme tutti i membri della band (perfino Meisner e Leadon che avevano fatto parte del primo periodo) e fu un momento di grandissimo pathos.
Ho avuto la fortuna di vederli dal vivo in Italia un paio di estati fa, e proprio stanotte, alla notizia della scomparsa di Frey, ho inviato un messaggio ai miei compagni di merende musicali, ai quali ho scritto:"abbiamo fatto appena in tempo".
Quel tempo che invece mi è mancato per assistere ad un concerto di un altro che ci ha lasciato prematuramente qualche giorno fa e che aveva occhi di colore diverso ma una capacità di innovazione non solo nella musica che gli umani ricorderanno per tutto il loro percorso sul pianeta terra.
Non sono particolarmente credente di entità extraterrene, penso che se dovessi scegliere una religione sceglierei il rock, e se dovessi immaginarmi di qui a una cinquantina d'anni, forse mi vedrei con altri vecchietti rimbambiti a discutere di quale band abbia significato di più per noi umani.



lunedì 18 gennaio 2016

Eppure ci manca sempre qualcosa.



Non è quello che si pensa comunemente.
La bellezza non è perfezione dei lineamenti, e nemmeno dei movimenti, non è la lunghezza delle dita o delle gambe, non è un naso piccolo e ben disegnato.

La bellezza è il ragazzo che aiuta la donna anziana a portare la spesa a casa senza che nessuno gliel'abbia chiesto, e poi vedere il sorriso della donna, sorpresa e ammirata non solo per il gesto, ma perchè ormai non lo fa più  nessuno. E' uscire dalla porta con un inchino mentre lei vorrebbe offrirgli qualcosa per ricambiare la cortesia, ma lui risponde: magari un'altra volta, e così dicendo le fa una promessa implicita che se dovesse ricapitare, la aiuterebbe ancora.

La bellezza è il contadino che torna a casa la sera stremato di fatica e con la schiena a pezzi che trova la moglie che gli fa trovare l'impacco di acqua calda, alloro, arnica e coriandolo per alleviarne la fatica. E poi cenano assieme, in silenzio, perchè è nel silenzio che si dicono le cose migliori.

La bellezza la trovi nel sorriso di un anziano che, mentre stai litigando con la tua ragazza, ti guarda e poi fa segno al cielo, e ti sta dicendo con gli occhi di fare altrettanto e tu capisci in un momento che non serve prendersela con lei per qualche stupida ragione, che è importante sapere godere delle piccole cose come una giornata di sole dentro un inverno freddo. E allora ti fermi per un attimo da quella improbabile litigata, e poi viene da sorridere anche a te e finisce tutto lì, e ti senti sciocco per aver iniziato quella discussione. E la abbracci.

Ecco cos'è la bellezza.

La bellezza è una situazione perfetta, non un corpo perfetto.