Vorrei tanto che questa storia fosse una
storia inventata. Vorrei che fosse stata
concepita soltanto dalla nostra fantasia, e anche in questo caso avrebbe la
funzione di insegnarci qualcosa. Figuriamoci
se fosse vera.
È una storia che trae origine dal luogo in
cui è ambientata: il quartiere di Bucaletto alla periferia di Potenza.
Una baraccopoli fatta di mille contraddizioni, in cui la
povertà a volte si affianca all'illegalità.
Bucaletto fu creato per dare una dimora momentanea
a chi, reduce dal terremoto, aveva perso la sua casa, ma oggi è diventato il
posto dove tanti hanno finito col
crescere i propri bambini. Quei bambini di ieri sono diventati gli adulti di
oggi, qualcuno di loro ancora si aggira senza lavoro e senza famiglia tra i
vicoli del quartiere alla ricerca di un lavoro, ma prima ancora, di un contatto
umano.
E quei
prefabbricati che sono ancora lì, tra il cielo nero e l'autostrada, ospitano
ancora tanta gente che non sa cosa sia una casa "normale".
Certo c’è anche chi ha un lavoro e una
famiglia, ma c’è ancora qualcuno che vive da solo e capita che, a volte, possa anche uscire fuori di testa: un po’ a causa della vita che è costretto a
fare, un po’ per colpa della solitudine.
Così quest’uomo , giunto a Bucaletto molti
anni fa, che per comodità chiamerò Totore, si aggirava per il quartiere,
aspettando che il sole si addormentasse per fare anche lui lo stesso, nel suo
prefabbricato decadente, dove non era mai entrato nessuno.
A Bucaletto non ci fai caso se uno lo vedi tutti i giorni oppure non lo vedi per
un pò: ciascuno è occupato a perdere il tempo per i fatti suoi e non tutti si
occupano di quello che succede in giro. Non aveva amici che lo venissero a cercare,
che so un parente, qualcosa. Niente. Dopo parecchi mesi, quelli del Comune fecero
un controllo e mandarono un ufficiale a vedere se al prefabbricato di Totore
rispondesse qualcuno. Probabilmente c'era da riscuotere qualcosa, forse qualche
bolletta. Una sera d’inverno dei ragazzini mezzi
ubriachi, che avevano sentito che il prefabbricato era vuoto, pensarono bene
che ci potevano stare un pò di tempo lì dentro a bersi qualche altra birra
invece di stare fuori a gelare, e così tentarono di forzare la porta, tanto lì
non c’era più nessuno. La porta però non si riusciva proprio ad aprire. La
polvere dei lunghi mesi estivi aveva formato uno strato così solido che ne
impediva l'apertura. Ma i ragazzi non si arresero e forzarono anche quello
strato di polvere diventato come cemento. Totore era lì, morto di solitudine e d’
incuria, e l'ultimo abbraccio lo aveva riservato a quei giornali che non si
erano mai occupati di lui.la notizia del ritrovamento di Totore fece
immediatamente il giro del quartiere, finchè qualcuno chiamò Striscia la
Notizia raccontando un fatto
clamoroso: un povero
emarginato era morto alla periferia di Potenza all'insaputa di tutta la
collettività. Allora quelli della televisione si presentarono qualche giorno dopo e fecero
le riprese, e intervistarono pure qualcuno del quartiere, ma quella
trasmissione non fu mai mandata in onda.