domenica 15 giugno 2014

L'uomo dell'ultimo passaggio


Antropologicamente, devo confessarlo, il lucano mi ha sempre interessato e incuriosito, specie quando è nato e residente nel capoluogo di regione.
Se dovessi trovare una definizione per spiegare l’homo potentinus, non esiterei a definirlo: in bilico. Che non è una brutta cosa, anzi.
Essì, poiché il potentino classico ha reinventato un suo personalissimo modo di essere, sempre a metà strada tra l’aria disinvolta del dandy e la professionalità dello yuppie, tra l'impegno professionale ed il fancazzismo quotidiano, continua ad essere, anche per gli studiosi più esigenti, una strana specie di individuo, solitamente non di facile classificazione.
Normalmente piuttosto ben vestito, ha uno sguardo imperscrutabile, da una parte rivolto verso il futuro e dall’altro verso la tradizione, che, sebbene da poco riscoperta, rappresenta per lui un’àncora dalla quale non può prescindere.
Le sue automobili sono sempre impeccabili. Costi quel che costi, il potentino deve (deve) avere la macchina che fa brutto.
Se papà i soldini non ce li ha, non importa, ci sono sempre le amicizie altolocate che gli vengono incontro per risolvere il problema.
Duemila di cilindrata, 150 cavalli, trazione posteriore, turbina a geometria variabile, assetto, ecc., non c’è potentino che si rispetti che non ne capisca di motori.
Le officine quando vedono i potentini che portano le loro macchine a fare i tagliandi si grattano le palle.
Non è sempre simpatico, l’homo potentinus.