sabato 2 giugno 2012

Memorie di una vecchia signora

Una vecchia signora deve sempre rendersi presentabile.
Specie quando passano gli anni – e nel mio caso ne sono passati tanti – il mio aspetto deve essere sempre impeccabile, da nobildonna quale sono.
Di sicuro non posso dire che i tanti uomini che mi hanno accompagnata in questi lunghi decenni mi hanno aiutato molto ad apparire particolarmente affascinante e attraente.
Ecco, attraente: un aggettivo che adesso usano in tanti per e come dovrebbe essere una signora che ha conosciuto i fasti che ho conosciuto io. Una volta lo ero davvero, avevo il mio appeal, il mio fascino, visto come ero considerata da tutti, cittadini locali e forestieri che in massa venivano a farmi visita, incuranti di un clima che con questa città non è mai stato clemente. Eppure le visite nelle mie strade, nei miei vicoli e nelle piazze, erano numerose e continue.
Poi è successo qualcosa. Sono improvvisamente diventata brutta e poco accogliente.
Eppure ho sempre mantenuto i miei modi di fare da brava signora di una volta, bene educata e rispettosa. Sarà che porto addosso tutti i segni del tempo e le persone non mi trovano più così bella come ero prima.
Ricordo ancora quanto erano caratteristiche le mie porte d’accesso, ce ne erano diverse, ben sei, i cittadini di Potenza che venivano dalla periferia dovevano attraversarle per venirmi a visitare. Erano così maestose e sapevano di antico e misterioso. Adesso ce ne sono rimaste solo tre, per fortuna almeno quelle me le hanno lasciate.
La periferia, dicevo. Adesso il centro si è allargato, non è più confinato dalle porte, si è aperto verso i quartieri – oddio che parola strana, ai miei tempi – i quartieri.
Allora esisteva solo il quartiere centrale, i rioni periferici non esistevano, al di fuori delle mie porte d’accesso c’era campagna: la città ero io.
Quanti hanno cercato di cambiare il mio aspetto in tutti questi lunghi anni, a partire dall’inizio del secolo…. Ops, se dico le date si rivela la mia età… ma cosa importa, in fondo chi mi ha amato per com’ero continuerà ancora a farlo, nonostante i segni inevitabili del tempo e tutto ciò che ho dovuto subire.
Ricordo com’era gentile quell’ingegnere napoletano, Stanislao De Mata, mi sembra si chiamasse, certo che quando incontri i napoletani veri, sono dei veri galantuomini. Stanislao aveva presentato nel lontano 1914 un progetto per allargare e migliorare tutte le strade del centro: che idea meravigliosa. Ma già allora la classe imprenditoriale locale, miope e gelosa, ne impedì l’esecuzione. Che egoisti! Avrei voluto vedere se si trattava delle loro mogli se avessero ugualmente impedito un’operazione che avrebbe apportato solo benefici.


Nel 1925 è toccato poi a due ingegneri locali, Vincenzo Ricciuti ed Emilio Simeoni, che fecero un progetto per la realizzazione di due arterie stradali parallele a Via Pretoria (che proprio in quel periodo fu resa pedonale), ma il progetto non fu approvato.
Successivamente, subito dopo la guerra, nel 1946, fu Vittorio Addone (con il quale ebbi una lunga relazione) a riproporre la soluzione delle due vie parallele al corso principale, una delle quali avrebbe consentito il collegamento viario fino al Rione san Rocco, passando per Via Bonaventura, Via Manhes e Piazza Crispi. Ma anche questo piano rimase inattuato a causa dell'invidia e del provincialismo del potere economico.
Nel 1959 poi gli ingegneri Bonamico, Mascia e Piroddi elaborarono per me un progetto, poi adottato nel 1962 ma portato a realizzazione solo nel 1971, che prevedeva una ristrutturazione generale della viabilità, con anelli a senso unico, raccordati tra loro in due punti nevralgici: piazza Matteotti (piazza del Sedile) e piazza Mario Pagano (piazza Prefettura). E' proprio in questo decennio 1962 - 1971, che sono stata letteralmente violentata da palazzi e costruzioni che mi hanno completamente deturpata, con edifici alti fino a 11 metri senza alcun piano urbanistico e senza la previsione dei parcheggi, il vero, grande problema che ancora oggi mi trovo a scontare. Fu attuata in questo periodo una progettazione edilizia completamente estranea alla mia natura. E il mio essere attuale è purtroppo figlio della violenza urbana che hanno su di me praticato proprio in quegli anni.
Poi arrivò uno dei tecnici che ho più amato: Corrado Beguinot. Stravedeva per me, avrebbe reso il mio aspetto nuovamente vitale, affascinante, riportandomi alla bellezza perduta di prima e cercando di cancellare i brutti segni degli anni 60. Beguinot aveva previsto, tra i tanti interventi di razionalizzazione delle mie strade, una serie di parcheggi che avrebbero certamente consentito una migliore fruizione delle mie strette strade, oltre ad ipotesi di verde attrezzato che avrebbero reso più accogliente tutta la mia figura. Ma fu criticato ed attaccato dai poteri del momento, che gli impedirono di portare a compimento una delle ultime occasioni per farmi tornare a splendere come un tempo, nell'indifferenza della cittadinanza che non mosse un dito per contrastare una lunga serie di provvedimenti scellerati.
Una lacrima scorre dal mio viso e si posa delicatamente sulle foto di com'ero nei primi decenni del secolo e non posso fare a meno di rimpiangere un aspetto che non ho più e mi vedo adesso come una vecchia diva del cinema che la moderna società ormai tende ad evitare come sgradevole e sorpassata.
Hanno preferito a me altri quartieri, hanno decentrato e delocalizzato servizi, uffici ed attività economiche, e non ci sono più folle di visitatori a passeggiare e a discutere per le mie strade, ma di una cosa io resto certa: non c’è altra zona o rione della città che possa vantare il fascino, la storia e la tradizione che ho sempre avuto io, e mi rimane ancora ferma la speranza che un giorno un nuovo cavaliere senza paura e armato di nuove idee e di grande tenacia, possa riprendere ciò che io ero, e riportarlo alla luce e ai fasti di una volta.
Una vecchia signora, tra le tante sciagure che ha passato, deve anche saper aspettare il momento giusto per tornare alla ribalta.
E io, che sono potentina, lucana e meridionale, con un fazzoletto di lino bianco dai bordi ricamati, asciugo le mie lacrime ed aspetto in silenzio che ritorni quel momento.

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