giovedì 22 settembre 2011

Turismo lucano


Ritengo che in Italia manchi un pensiero organico sul turismo, con le radici nello specifico della cultura ospitale del nostro paese.
Eppure l’industria dell’ospitalità è variegata e multisfaccettata, contempla soluzioni che vanno dalla ricettività tradizionale a quella specifica, di nicchia, per appassionati e cultori di differenti tipologie di offerta.
Per tutta risposta, le Università di turismo non se ne occupano, se non in minima parte e soprattutto facendo riferimento a vecchi e stantii modelli teorici, preferendo in gran parte di importare e divulgare pensieri e teorie nati altrove, di norma nei paesi anglosassoni.
Gli operatori economici, presi da urgenze e problemi quotidiani e concreti, faticano a elaborare visioni più complessive, e anche laddove fossero in grado di strutturare progettazioni strategiche, sarebbero comunque sconfitti dall’inevitabile logica “one-to-one”, che nel turismo equivale ad una partita persa in partenza.
Da qualche anno si sente parlare finalmente di reti, ma sono ancora pochissimi quelli che ci spiegano come realizzarle concretamente a quali obblighi ciascun attore deve sottostare per ricavarne quali tipi di vantaggi.
Per le governance locali vale grosso modo lo stesso approccio: assillati continuamente da problemi di bilancio, dovendo fronteggiare questioni immediate ed urgenti, perdono di vista visioni strategiche complesse e la parola programmazione non si riempie mai di contenuti concreti, limitandosi nella stragrande maggioranza dei casi, alle mere enunciazioni.
Gli stessi partiti politici tradizionalmente sottovalutano il turismo o lo affrontano a intermittenza, non essendo composti da tecnici specialisti, ma per lo più da arraffazzonati faccendieri che nulla hanno del manager o del problem solving, ma sono preoccupati per lo più di mantenere saldamente il posto conquistato, ripartendo oculatamente ruoli di potere a subalterni che ne possono garantire la permanenza personale, piuttosto che pensare a come migliorare le economie di scala attraverso un efficiente sistema di management turistico culturale.
Se si esclude il giudizio degli addetti ai lavori, il nostro settore è perlopiù considerato “marginale”, confinato dai media nelle pagine di cronaca estiva, e circondato da pregiudizi.


Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: il turismo, non riuscendo ad avere una centralità culturale e sociale non è neppure considerato centrale nelle scelte politiche ed economiche; e il sistema paese – in assenza di un proprio pensiero sul turismo - non riesce ad esprimere modalità efficaci e coerenti per affrontare, nel concreto delle nostre specificità, i temi del turismo e dello sviluppo.
Riferisco di un episodio del 27 agosto scorso (2011). Da buon lucano amante degli spettacoli che si tengono nella propria terra, vado a vedere lo spettacolo "Il Mondo di Federico", all’interno della bella cornice del castello di Lagopesole. Lo spettacolo è realizzato con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Basilicata, Comunità Montana Alto Basento, Comune di Avigliano, Cinecittà e Unicity ed in effetti è ricco di effetti speciali tali da far girare la testa allo spettatore che si deve dividere con lo sguardo sulle 3 pareti sulle quali il video è proiettato ed è piacevolmente avvolto dal sonoro che lo inonda da ogni lato del castello, oltre ad effetti 3d che sono fatti bene.
Veniamo ai contro: al primo posto il  prezzo esorbitante del biglietto 9 € per uno spettacolo della durata di poco più di mezz’ora; collegamenti navetta dalla piazzetta fino al castello solo all’andata (vabbè al ritorno era discesa, ma tu quante ne vuoi.... ); nessun servizio all’interno del castello (se non l’addetta che stacca il biglietto); nessuna azienda locale coinvolta dall'evento (esempio una serie di ristoranti convenzionati che praticano a chi esibisce il biglietto, un menu a prezzo ridotto), nessun artigiano locale che realizzi piccoli oggetti unici nè piccoli gadget per i forestieri che possono portare fuori regione qualcosa di tangibile, al di là del loro ricordo o di qualche foto. 
Si potrà obiettare ciò si vuole, ma con i contributi di cui l’attrattore culturale si è avvantaggiato mettendo in piedi l’intera operazione, il costo del biglietto è veramente una cosa stellare. Pagandolo la metà, probabilmente si avrebbe avuto un effetto maggiormente incoraggiante nei confronti di pubblico giovanile con il risultato di avere più gente che non i 30 – 40 che eravamo sabato sera, e probabilmente lo stesso incasso. Invece si continua a puntare su prezzi che automaticamente tagliano fuori una fetta di residenti, specie quelli giovani che hanno meno possibilità. Ci risponderanno che lo spettacolo non è adatto a ragazzi, mentre secondo chi scrive, potrebbe essere proposto finanche alle scuole medie inferiori, quindi un target praticamente senza confini. Allora perchè non ipotizzare price politics  più accessibili, con una promozione più diretta a fasce di consumo giovanili, con conseguente aumento dei visitatori? Ci sono i contributi pubblici, e allora perchè non "rischiare" di incassare meno ma di allargare la forbice degli spettatori?
Insomma un’altra occasione persa, poichè caratterizzata da una (lodevole) iniziativa tautologica e senza alcuna strategia di rete.
Il turismo non ha una visione, ripeto. Ciò che dicono sempre (con una puntualità sconcertante e vera solo in parte) è che l'Ente pubblico si è già preoccupato di realizzare l'attrattore e che sta adesso all'iniziativa privata di realizzare tutti i processi di filiera che possono realmente massimizzare i risultati in termini di ricaduta economica. Ho avuto già modo di obiettare in diversi incontri pubblici a cui ho partecipato (salvo poi alzare definitivamente bandiera bianca, vista la sordità degli interlocutori), che l'Ente pubblico non deve limitarsi solo a realizzare l'intervento ma a creare le condizioni affinchè i singoli operatori economici e commerciali possano realmente essere indirizzati a praticare politiche integrate dell'offerta, per la semplice ragione che non siamo nè in Alto Adige nè sulla costiera romagnola, dove il grado di intraprendenza dell'operatore turistico locale è da decenni sollecitato da flussi continui di visitatori che hanno, col tempo, acuito il fiuto dell'imprenditoria.
E dunque la governance locale continua a bearsi della bontà qualitativa delle iniziative che mette in campo, scaricando sui malcapitati e improvvidi operatori dell'accoglienza tutta la negatività delle mancate ricadute economiche, facendo credere che se essi non sono all'altezza delle iniziative milionarie che mettono loro a disposizione, la colpa mica può essere loro.
Una tesi che non mi convince nemmeno un poco.

1 commento:

Un grazie a tutti coloro che visitano "vacanze lucane" e soprattutto a quanti desiderano condividere, con il loro pensiero, impressioni sulla nostra terra. Un caldo abbraccio dalla Bas-l-cata